i Miei Racconti

sono  7 brevi racconti a sfondo dark, scritti dalla sottoscritta un paio di anni fa....

Ve ne pubblicherò uno per volta, così che, io possa avere un vostro riscontro, se vi farà piacere, per invogliarmi a scrivere ancora, idee ne ho mancherebbe uno stimolo....

Allora ho avuto un valido collaboratore al computer: lo splendido Nemo, di cui non potrò più avvalermi.


T'AFFETTO CON AFFETTO

7 modi di vivere l'omicidio


Dedicato ad Enzo

...ma Enzo mio padre o Enzo il mio compagno?...

Ad entrambi!

Hanno contribuito in maniera ragguardevole attraverso vie diverse: l'uno creando il pasticcio, qual è diventata sua figlia ma in particolare correggendo, nella stesura, alcune inesattezze di forma; l'altro dividendo, a volte sopportandomi, la quotidianità e soprattutto dando degli spunti tutt'altro che trascurabili per la realizzazione.


1

Io e l'Es


La vetrina sta riflettendo l'aspetto curato di una donna dall'età indefinita.

Sono io.

Sempre stata così! Ma mai avrei pensato che tale caratteristica avrebbe aiutato a dileguarmi permettendomi di rinnegare il passato, più per salvezza che per obbligo.

A volte mi perdo nei pensieri e mi rendo conto quanto sia facile staccare la mente dal corpo quando non si è veramente sé stessi: l'apparenza di una donna sulla quarantina dallo sguardo profondo non aiuta a ritrovarsi.

Con un sussulto realizzo che sarebbe ora di smettere di camminare e specchiarsi come una ragazzina senza ritegno, anche se quello che ricerco nel riflesso non è il mio aspetto, bensì vedere se possiedo un'anima.

Comincio a preoccuparmi. Mi capita sempre più spesso di estraniarmi dal mondo e almeno, per porre un momentaneo rimedio, convengo che l'unica soluzione sia rientrare a casa. Stare sola.

Sbatto la porta dietro le spalle e sono accolta da mugolii d'affetto, i miei cani, che mi vengono incontro, come sempre, giocosi e adorabili. Non sono poi così sola, in fondo, mi riempirebbero l'anima di gioia... sapessi di averne una. Li lascio sfogare, li coccolo e mi assicuro abbiano acqua e cibo. Ho bisogno di tempo per me, solo per me, per vincere e risolvere la guerra con me stessa iniziata anni or sono.

Più che sedermi mi butto sul divano. Con lo sguardo perso nel vuoto, al fine di riacchiappare il passato e potermene liberare chiudo gli occhi e mi trovo catapultata indietro nel tempo. Dieci anni addietro per l'esattezza. Alla soglia dei miei, veri, quarant'anni.

Mi sentivo, allora, una donna completa, con la consapevolezza di ciò che fa e con la sicurezza che, solo, una certa età regala.

Il sole, forte per essere una mattinata di metà autunno, mi aveva destato prima del solito orario puntato sulla sveglia. Nonostante questo ero felice.

In genere difficilmente mi svegliavo imbronciata, iniziavo sempre la giornata coi migliori propositi e poi gli altri s'impegnavano ad avvelenarmela.

A maggior ragione il giorno del mio compleanno, nulla e nessuno avrebbe potuto perturbarmi, forse, solo la mia persona, che continuando a rotolarsi avvolta nel tepore delle coperte, sarebbe sprofondata volentieri nella pigrizia. Mi arresi, infine, al dovere e mi alzai per affrontare appuntamenti e preparativi... vani e futili.. per me allora importanti.

Precorrendo le ore pensai che si sarebbe prospettata una festa a sorpresa, preparata nei minimi dettagli da Claudio, mio marito, un uomo ricco, affermato, piuttosto affascinante, seppur non bello e, soprattutto puntiglioso, come solo un Vergine sapeva essere.

Lo conobbi oltre dieci anni prima e mi chiedevo, ancora, come avesse potuto sposarmi, essendo dotata di un'indole impulsiva e passionale fino all'eccesso, con l'aggravante di un carattere pratico e concreto.

Forse, gli opposti si attraggono. Il detto valeva solo per il povero Claudio, così sicuro di sé e della sua parlantina, dei suoi modi eleganti ed affettati, proteso a conquistare il mio cuore; visto che il suo me lo aveva già regalato, mentre io non vedevo altro che un albero di Natale carico di banconote.

Un talento da attrice innato, una certa cultura e una naturale propensione ad essere geisha mi avevano fatto vincere la partita, con un clamoroso scacco matto al re in tre mosse.

Apro gli occhi di scatto e mi ritrovo sul divano, ridestata da quel persistente pensiero.

Senza quasi accorgermi son passati dieci anni da quel fatidico giorno e altri dieci dal giorno del mio matrimonio. I decenni sembrano scandire la mia esistenza.

Sarà giunta ora di cambiare nuovamente? No! Stavolta no!

Sono felice e sicura, in una bella casa, circondata dai miei amatissimi cani. Ho ciò che più desidero. Le giornate, che passano, scandiscono una vita ritirata, rallegrata da qualche sporadica uscita per sentirmi viva coi crismi di una donna matura, raffinata ed elegante, molto riservata ed allo stesso tempo affabile. Una giusta maschera per il mio passato.

Non poteva andarmi meglio. Ma oggi non voglio e non devo distrarmi.

Bisogna risolvere la battaglia finale instaurata col mio passato contro me stessa.

Mi rilasso a fatica e volo indietro ricostruendo i fatti di allora.

Mio marito, il fulcro della vicenda, era così convinto lo amassi che quasi quasi stava convincendo pure me.

Quel quarantesimo compleanno sarebbe diventato il giorno della svolta: avevo deciso di cambiare vita, possibilmente non più accompagnata.

Quel pensiero materializzandosi sotto forma di un sorrisetto nuovo e malvagio che illuminava il riflesso del mio viso nello specchio, sembrava dire:

"Credo che la vedovanza mi doni parecchio".

Mi spaventai ma considerai, come fosse una giustificazione, di esser stata vittima di una stranezza della mente: in un attimo vengono prese decisioni che stravolgono il proprio destino, senza possibilità di ritorno e, con un po' di coraggio, si salta nel vuoto sperando in un morbido atterraggio o, perlomeno, tale da non rompersi troppe ossa.

Mi riguardai sconvolta nello specchio, non per truccarmi ma per cercare di sopprimere sul nascere quel pensiero crudele.

- Claudio non merita ciò - balbettai sottovoce continuando il soliloquio.

- Ma che bugiarda! Non devo barare con me stessa! La realtà nuda e cruda è diversa: ho paura! Paura di venir scoperta! L'omicidio non è così semplice da attuarsi, magari fossimo nel medioevo. Oggigiorno con tutti i mezzi che si hanno a disposizione non lasciare tracce è praticamente cosa più unica che rara. Dovevo elaborare qualcosa d'efficace senza commettere errori.

- Basta! - quasi urlai - pura follia, non ci devo pensare! - ricominciando, tremante, a prepararmi per la festa.

- Cerchiamo di godere del benessere che mi sono conquistata! Mi convinsi chiudendo, per il momento, l'incidente.

Passai la giornata a prendermi cura di me stessa: estetista, massaggi, parrucchiere, una nuova nail-art d'effetto e shopping...tanto shopping...almeno credevo.. Ma ci misi un'eternità a scegliere una mise appropriata. Qualcosa non andava in me, sempre così decisa e categorica su tutto, figuriamoci sulle cose che mi gratificavano. A conferma di ciò guardandomi nello specchio del camerino mi pervase, nuovamente, quella sensazione perentoria di voler fuggire a discapito di tutto ciò che possedevo o che avrei potuto avere. Stavolta il mio sguardo fu una rivelazione: il mio Io aveva deciso di voler essere libero ed era irremovibile. Era inutile combattere, il disagio latente si era esplicato nella sua forma più brutale. Mi martellava senza sosta. Non avrei potuto neppure far leva sull'infermità mentale, era tutto chiaro e conscio. Cercai di sopprimere l'idea che si stava impossessando di me e della mia coscienza.

Infine, riuscii a scegliere un tubino rosso sangue con accessori neri tranne quelle irresistibili perle che vidi dalla mia amica gioielliera. In effetti, anche lei notò la mia stranezza ma liquidò la cosa ritenendo che la serata a venire mi avesse messo pressione sapendo quanto ci tenevo ad apparire al meglio in determinate occasioni specie mondane e, per di più, avesse anche voluto indagare, l'assegno che le lasciai per il collier e il bracciale la distrassero da ogni curioso intento.

- Come scorre in fretta la giornata - pensai - quando la spendi interamente per te stessa. Bella sensazione. Solo per me! Senza finzioni! Sola! Ecco ci sto ricascando...Maledizione!

Scacciai per l'ennesima volta quelle parole che stavano diventando un po' troppo invadenti, dei life-motives che rischiavano di assorbirmi come un buco nero.

Rientrai a casa trafelata. Meno male che presi un taxi. Con tutti quei pacchi e la testa assorta mi sarebbe mancato un incidente per finire in gloria quel giorno che, via via, stava assumendo contorni imprevedibili. Forse, quella sarebbe stata una soluzione migliore, sicuramente più giusta.

Ma in questo mondo la giustizia non è molto in voga.

Guardai l'ora.

- Ho appena due ore per esser pronta per la serata; non so ancora né dove né come si svolgerà - imprecai. Avevo avuto una sola indicazione: "Ti vo-glio e-le-gan-te", aveva sillabato Claudio sorridendo sulla soglia della camera mentre stava uscendo prestissimo, come suo solito, per la quotidiana giornata d'affari.

- Chissà cosa ha in mente? - mi chiesi piuttosto fredda.

La cosa mi avrebbe galvanizzata, anche, solo qualche mese prima.

In quel momento realizzai di essere del tutto avulsa da ciò che mi circondava, estraniata dal mio corpo ridotto ad un burattino e come se la mia anima nera lo stesse guardando per condurre meglio i fili. Mi specchiai. Convenni soddisfatta che il burattino si difendeva molto bene. Quel tubino, i tacchi vertiginosi, il bracciale imponente e lo splendido lungo collier di perle mi facevano risaltare. Quaranta anni e non dimostrarli.

Claudio sarebbe rimasto soddisfatto. Ottimo.

Una vera Dark Lady. E mai termine fu più indicato.

Dovetti convenire che quella sera mio marito mi aveva stupito. Niente festa a sorpresa rimandata all'indomani ma una cenetta a due a base di frutti di mare e champagne. Banale. Ma era una delle cose che più adoravo gustare.

Lui era amabile ed innamorato, io sembravo felice ed estasiata; sembravo solo. Man mano che si susseguivano le portate mi isolavo sempre più dalla conversazione.

Mi resi conto di guardarlo come un perfetto sconosciuto.

Infine riuscii a ridestarmi da quella sorta di sdoppiamento ma ero già sulla soglia di casa.

Ci prendemmo ancora qualcosa da bere e coi bicchieri in mano salimmo in camera.

Amavo da sempre fare sesso. Anche sesso fine a sé stesso. Era l'atto in sé che mi appagava: ore e ore passate a letto giocando fino allo sfinimento. E' stata quest'inclinazione che mi ha fatto sopportare così bene quel matrimonio senza amore da parte mia.

Quella notte, invece, non avrei voluto neanche mi sfiorasse, figuriamoci il resto.

Dovetti chiudere gli occhi e fantasticare solitaria per mascherare il mio stato confusionale. Alla peggio avrei dato la colpa all'eccesso d'alcool. Ma Claudio non avrebbe mai potuto immaginare che ormai avevo preso una decisione irrevocabile

- Dovrai elaborare un piano inattaccabile per rimanere Vedova - bisbigliò il mio Io recondito e il mio corpo gli rispose rilassandosi, dopo il piacere dell'amplesso.

L'indomani mi svegliai, per la prima volta di cattivo umore.

Claudio dormiva profondamente accanto. Mi alzai di scatto infastidita, preparai il caffè e nell'attesa di andar a far colazione col mio caro "morituro" marito, uscii in giardino.

Quel pensiero nato di soppiatto, che solo una mente umana poteva elaborare, visto che gli animali sono troppo leali e istintivi per essere così crudeli verso un proprio simile, mi aveva soggiogato del tutto. Tanto da farmi notare in un angolo nascosto del giardino una pianta dalle foglie col bordo dentato, verdi, palmate e caduche

- Devo chiamare il giardiniere sarebbe ora di sistemare le piante! ..Anzi no! Quella pianta mi ricorda qualcosa di familiare, visto o letto da qualche parte, devo approfondire al più presto! Come mai non l'ho notata prima?! Niente avviene per caso... - rientrai infreddolita, ma nuovamente di buon umore.

Quella sera, almeno mi sarei ampiamente distratta col ricevimento.

Fu formale, non degno di nota, se non per qualche battuta delle mie più care amiche le quali, come me, erano piuttosto allergiche ai ricevimenti di lavoro mascherati da festa. Già! Il mio caro maritino era bravissimo nel trasformare qualsiasi incontro ameno in uno di affari.

- Un altro punto a suo sfavore - pensai.

Un tempo avrei tollerato la cosa quasi facendo spallucce ma, in quel momento, la mia condizione mentale lo ritenne insopportabile. Soprattutto perché quella festa era la MIA festa.

Per ripicca, una volta coricati feci in modo di addormentarmi molto in fretta.

Le giornate successive trascorsero tranquille e io credetti di essere ritornata nei ranghi, dopo quella "sbavatura comportamentale" - come avevo soprannominato il mio recente stato mentale.- Non tenni conto, però, che il detto " la calma prima della tempesta" era pur sempre vero!

Erano appena passati una decina di giorni quando Claudio mi comunicò di dover partire per un viaggio di lavoro che lo avrebbe allontanato per almeno un paio di mesi. Aveva un'aria dolce, quasi di scuse e mi intenerì profondamente.

Quel mio sentimento non durò a lungo. Era partito da neanche una settimana e io già mi rintanai in biblioteca alla ricerca di notizie dettagliate sulle piante velenose.

- Sarebbe molto più semplice guardare su internet, ma i computer lasciano tracce. - pensai - Meglio di no, date le mie intenzioni, direi un po' più macabre di una semplice ricerca scolastica.

Effettivamente scorsi diverse pubblicazioni. Trovai fra l'altro una foto di quella pianta che avevo notato in giardino e così rammentai che, da bambina, io e alcune amichette, durante una gita scolastica, attratte dalla lucentezza delle bacche ne avevamo sminuzzata e masticata una, sputandola per altro.

Durante la notte forti dolori addominali consigliarono il nostro ricovero in ospedale. Nessuna di noi confessò l'imprudenza, tanto più che il tossicologo si dimostrava alquanto perplesso... mi rammentai anche le sue parole:

- "Dalle analisi risulterebbero tracce infinitesimali di ricina. Una tossina fra le più letali e potenti al mondo e ad oggi non esistono antidoti....Chissà come è successo!?! ... non lo sapremo mai vista la reticenza delle bimbe...Paura di essere sgridate?! L'avete scampata peggiore"- sorrise conscio che avremmo tenuto la bocca cucita.

A conferma in biblioteca ricavai un articolo della La Stampa "...Niente antidoto, una volta esposti la morte è quasi certa... - spiegava Eugenia Tognotti -... Sette volte più mortale del veleno di un cobra... La letale tossina ha origine da una pianta diffusissima: il Ricinus communis, un'euforbiacea originaria delle regioni dell'Asia e dell'Africa, che si trova, inselvatichita, anche in Italia. Sono i suoi semi, dalla superficie liscia e lucente, a essere velenosi. I principi attivi sono la ricinina, blandamente tossica e la mortale ricina, capace di provocare la morte. Liberato da queste sostanze velenose, con particolari procedimenti, l'olio, estratto dai semi maturi, è un purgante "storico"... Diverse le vie di somministrazione. Dal proiettile in cera per iniettarla, all'ingestione ...La ricina può essere usata anche per via inalatoria dopo essere stata dispersa nell'atmosfera sotto forma di aerosol. In caso di ingestione, l'intossicazione si manifesta solo alcune ore dopo ed è caratterizzata da violenti dolori addominali, vomiti, diarrea, emorragie intestinali, disturbi del ritmo cardiaco che conducono rapidamente alla morte.."

- Che imprevedibili i bambini. Certo che all'epoca avevamo rischiato grosso! - pensai ed un brivido mi percorse la schiena.

"Non esistono vaccini e antidoti alla velenosa proteina, che debitamente lavorata e concentrata è molto più potente dei più conosciuti veleni tradizionali...." - concludeva l'esauriente articolo del noto quotidiano.

Proseguii nelle ricerche, diffidente di natura, non dando tutto per oro colato. In effetti, scoprii facilmente che la ricina non è il veleno più potente. Altre tossine lo sono altrettanto, se non più pericolose, come quella del vischio .... poco importava!

Sapevo di avere una pianta mortale in giardino e ciò era più che soddisfacente.

L'unica cosa era pazientare e raccogliere i semi o procurarseli, il modus operandi lo avevo già elaborato: l'amatissimo aerosol di Claudio mi avrebbe dato un'opportunità.

Attesi, con sorniona pigrizia, il passare dei giorni fino all'attuazione del piano.

Mio marito rientrò dalla trasferta piuttosto malconcio. Aveva sviluppato una fastidiosa allergia che lo costrinse all'uso quotidiano di essenze per liberare le vie respiratorie. A quel punto, mi convinsi che lo stesso Caso mi stava dando una mano e che infine non era, poi, così sbagliato liberarsi di un qualcosa che infastidiva.

- Qualcosa! - mi ripetei - Non lo considero neanche più un essere vivente.

Ma allora il pensiero non mi sembrò così mostruoso.

L'occasione si presentò puntualmente una decina di giorni dopo e il piano venne attuato nei minimi dettagli.

Ed infine giunsero anche i preparativi del funerale fissato per la mattina successiva.

Claudio, a sorpresa, aveva espresso la volontà di essere cremato e di non donare alcun organo. Un altro punto a mio favore. Un'eventuale autopsia mi avrebbe di certo smascherata. Quella morte dolorosa era stata giustificata come un aggravarsi improvviso delle sue precarie condizioni di salute negli ultimi mesi. Non sapevo che fosse malato di quel male di cui probabilmente ci esauriremo quasi tutti per mano di noi stessi, genere umano col caratteristico modo di vivere così poco rispettoso della Natura. Altrimenti non mi sarei presa la briga di architettare la sua morte. Ma per quanto ancora avrei dovuto accudirlo? No grazie! Meglio così!

Ero comunque tranquilla. Sola prima del tempo. Piano al di sopra di ogni sospetto. Obiettivo raggiunto. Perfetto! Mi sfuggì un sospiro di sollievo.

Un'improvvisa telefonata dell'avvocato mi mise in agitazione. Doveva consegnarmi una lettera postuma di Claudio riservata "alla sua sconvolgente moglie" - mi disse - "com'è segnato sulla busta". Sconvolgente?

Perché mai quell'aggettivo? Il mio sesto senso mi fece rabbrividire... quel senso d'angoscia, che solo chi ha la coscienza sporca può subire, mi chiuse la gola lasciandomi senza respiro.

Al più presto mi recai presso lo studio dell'anziano avvocato di famiglia che, mi consegnò solerte la lettera, senza alcuna espressione. Cercai di leggere qualche emozione attraverso quegli occhietti vispi a scapito dell'aspetto fin troppo compito e serio. Nulla trapelava. Eppure lo sguardo non mente. Lui sapeva. Decisi, per il mio bene, di ignorare il tutto.

- Non cerchiamo guai dove potrei trovarli - conclusi e presi la lettera con finta calma girando sui tacchi piuttosto in fretta.

Ero certa di rilassarmi risalendo in auto ma strappai la busta con foga rivelatrice di quello stato d'ansia che mi attanagliava lo stomaco.

Lessi e poi lessi e rilessi. Claudio aveva capito tutto!.. E si è lasciato uccidere perché sapeva che lo facevo per affetto, con Pietas, avrebbero detto gli antichi. Nella missiva mi confessò che aveva scoperto di essere malato da tempo avrebbe voluto farla finita per non soffrire a lungo ma non ne aveva avuto il coraggio.

Credendo nelle mie doti intuitive mi ringraziava per aver preso la decisione e soprattutto di averla attuata al posto suo. Concludeva augurandomi d'essere felice.

In realtà non aveva capito aveva frainteso!

Passavo per una fata buona quando invece ero solo perfidia fatta persona. Pensai di morire.

Claudio con quella confessione mi serrò il cuore, lo fece a pezzi, sembrava lo affettasse, sentii un dolore lancinante, profondo. Non so come feci a rientrare a casa, piangevo disperatamente.

Quella mattina mi vestii di nero, non solo per forma o per lutto ma altro colore non avrebbe potuto rappresentarmi meglio. Andai affranta all'estremo saluto.

L'incubo di capire quello che si è per mano di altri è devastante.

Egoista, vuota, fatua e da quel momento potevo aggiungere crudele.

Caddi in una profonda prostrazione e come il solito fui fraintesa. Avevo tutti intorno a consolarmi, ma nessuno capì che quello non era il funerale di Claudio... era il MIO.

Nei mesi successivi mi organizzai per cambiare vita e paese. Lontana da tutto ciò che avrebbe potuto ricordarmi il passato, compresi amici e parenti.

Fuggii. Senza rimorsi. Chiuso e finito il capitolo. Doveva essere così. Ero sicura ... Allora.

Sento la mia voce che urla disperata forte nelle orecchie "Lo amo!"

Apro gli occhi di soprassalto, ritorno bruscamente nel presente, sprofondata nel divano, con gli inseparabili cani ai piedi.

Guardo l'ora: è tardi! Non mi sono accorta di quanto tempo fosse passato. Non ha alcuna importanza. Nulla lo ha più. Io l'ho ucciso pensando di non provare nulla e invece era un Amore profondo non ancora sopito, mentre la sua memoria pugnala il mio cuore da allora. Ora ne sono consapevole.

Oggi, come dieci anni fa, è una bella giornata di metà autunno.

Decido! E' ora di cambiare! Di nuovo!

Stavolta senza dover fuggire e senza i ricordi ormai sepolti. Non ne vale la pena.

La Guerra con me stessa è finita: ho elaborato ciò che sono stata e so cosa voglio essere.

La Fenice rinasce.

2

La dolce Tania



Tania si era da sempre occupata dei più deboli.

Diversi anni prima aveva cominciato come maestra d'asilo ma alla fine, un po' esaurita da quei bimbi piangenti ed egoisti, dedusse che non potessero ricambiare il suo affetto a sufficienza e per salvaguardare il proprio udito, almeno così giustificò a sé stessa, l'arresa, lasciò perdere.

D'altronde la sua vita sentimentale non dava, fin dall'inizio, sprazzi ottimistici. Era sempre stata abbandonata dal genere maschile: a cominciare dal padre che preferì fuggire in un eremo, facendo l'asceta che, responsabilmente occuparsi della famiglia, per finire con ogni uomo che avesse attraversato la strada della sua giovane vita.

Forse a causa di questo suo Karma che per Tania, l'amore era ed è una cosa seria. Non si gioca con esso e non si fanno compromessi. L'inevitabile risultato era portare allo sfinimento i fidanzati, i quali finivano disperati col fuggire lontano da tanto asfissiante sentimento.

Purtroppo, col passare degli anni, le cose non cambiavano.

Lei d'altronde non aveva nessuna intenzione di aggiustare "il tiro" rimanendo semper fidelis, come i Marines alla Patria, a sé stessa. Così prese la decisione di occuparsi ex toto degli esseri senza voce, di quelli che erano vittime, come lei riteneva essere, della volubilità; ma a sua differenza saggiavano la crudeltà che così spesso gli uomini avevano nei loro confronti, abbandonati come giocattoli rotti o cestinati come robe vecchie, il risultato non cambiava. Non considerandoli cosa erano in realtà: anime che donavano il loro amore incondizionato anche a chi non se lo meritava affatto, cercando di essere solo compagni di vita per la vita.

Finale scontato: andò a lavorare in un rifugio di cani e gatti!

Non in uno qualsiasi ma in uno che sarebbe divenuto moderno e attrezzato. Il migliore della Regione. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Tania, come i suoi amici animali, dava amore totale senza limiti.

"Baffi e Zampine", il nome che con la sua amica Laura avevano dato al rifugio, era adiacente ad una vera e propria, seppur piccola, fattoria di proprietà di quest'ultima. Qualche maiale, due mucche, quattro caprette e un pollaio con tanto di gallo impettito che scandiva il passare delle ore della giornata. Non vi erano animali singoli per specie, entrambe erano convinte che in quel caso essi avrebbero patito la solitudine. Giammai.

Tania quando, un anno prima, si presentò alla sua futura socia, era in cerca, non solo di un lavoro ma, anche di un posto fisso dove collocare le sue poche cose ma soprattutto alloggiare le proprie ossa. D'altra parte Laura aveva bisogno di qualcuno che dividesse le fatiche lavorative comprese quelle della fattoria e fu ben felice di aiutarla. Così nacque una solida amicizia.

Infine dopo tante peripezie, era riuscita ad essere felice e appagata, occupandosi di qualcuno più bisognoso di lei, ma...c'era un ma importante.. Lei era, pur sempre, una donna!

Per quanto assorbita da quasi sedici ore di lavoro al giorno si accorse, col passare dei mesi, di aver bisogno di qualcuno che la stringesse e la proteggesse, di due braccia forti che la cingessero e le scaldassero l'anima. Aveva bisogno d'amore, quello con la A maiuscola, per non smentirsi. Chissà per quanto ancora lo avrebbe atteso?!

Non era così diversa dalle dolci anime di cui si occupava ogni giorno.

Ingrandendosi, le due perseveranti amiche erano riuscite a farsi finanziare dal comune un attrezzato ambulatorio completo di sala operatoria. Cosicché era sorta la necessità di trovare qualcuno che si occupasse degli animali, ospiti nel rifugio ed al bisogno di quelli della fattoria. Laura pubblicò un annuncio alla ricerca di un veterinario.

Pochi giorni dopo bussò alla loro porta un giovane neo-laureato che avendo risposto all'appello era in procinto di fare il colloquio.

Tania ne rimase folgorata, appena lo vide ebbe un tuffo al cuore e senza non poco imbarazzo gli protese la mano, accorgendosi troppo tardi di avere tutt'altro che una manicure. Non si era resa conto, fino a quel momento, di quanto fosse logoro l'aspetto delle sue mani, con le unghie corte e rovinate, per giunta neppure troppo pulite. La ritrasse subito nascondendola. Ma il dottore fece finta di nulla, porse la sua e si presentò anticipandola

- Mi chiamo Piero, e tu?- rivelando un sorriso aperto dalla dentatura perfetta.

- Io sono...Tania...piacere - arrossì rispondendo - Le chiamo la direttrice Laura... un attimo - aggiunse bofonchiando. In un lampo si fiondò nell'ufficio dell'amica:

- Ti prego, ti prego assumilo se puoi ...ti prego...è così bello...che occhi e che sorriso...mio Dio.... E' troppo in tutto..

Laura la guardò attraverso gli occhiali da vista e ridendo delle sembianze bambinesche che aveva assunto l'amica le disse con calma:

- Vediamo... se ne vale la pena. Se oltre ché bello è anche bravo e professionale, si può fare; altrimenti perché mai abbiamo messo l'annuncio?! Le diede un buffetto sulla guancia teneramente e poi fece accomodare l'adone.

Il bel Piero era anche qualificato, per cui, si aggiudicò il posto. Ottimo. Avevano bisogno di un uomo stabile e di fiducia - che le aiutasse, non tirandosi indietro, per qualsiasi incombenza o imprevisto si presentasse - e non solo di volontari che cambiavano ogni mese per vari motivi, non ultimo quello di sottovalutare l'impegno e la fatica fisica ed emotiva di cui ci si doveva far carico.

A differenza delle due donne, che avevano fissato la loro residenza alla fattoria, pur essendoci posto a sufficienza, Piero prese la decisione di lasciare ogni sera il rifugio, per andare in una casa poco lontano in affitto. Questo lo aiutava a staccare la mente del tutto dalla lunga giornata lavorativa. Così almeno diceva. E come dargli torto.

Fu per caso che lui notò Tania. Era china su di un cucciolo appena salvato dalla strada, cercava di calmarlo senza riuscirvi. Era estate e un velo di sudore le imperlava le tempie e la pelle, mentre un leggero rivolo le scese fra i seni. Tania era molto più bella di quello che pensasse. Si fosse solo valorizzata meglio invece di coprirsi con dei vestiti che definirli tali era un eufemismo. Presi a caso dal poco fornito armadio, in genere jeans e canotta nella stagione calda sostituita da felpa o maglione extra large quando il clima s'irrigidiva.

Quel giorno, però, complice il caldo o il cucciolo, che le faceva abbassare la guardia sempre alta, intenerendola, i loro occhi s'incrociarono a lungo e lei sentì nuovamente scoccare quella scintilla che le piegava le ginocchia ma, a differenza della prima volta, Piero contraccambiò e la baciò con passione.

Da allora fecero coppia fissa e così Tania passò dalle fantasie alle braccia reali che la cingevano forte mentre il corpo di lui la scaldava fino a toccarle l'anima, come aveva sempre sognato.

Tutto sembrava andare per il meglio: il lavoro seppur faticoso procedeva bene inoltre facendo da assistente a Piero, le giornate volavano.

Laura era felice per l'amica e per il rifugio, il quale diventato noto nella Regione, riusciva a dare una famiglia amorevole a molti trovatelli.

Cosa mai chiedere di più?!

Solo un neo in questa situazione idilliaca sembrava macchiare la perfezione.

Laura si accorse che alcuni animali, pochi in verità, di cui si prendevano cura con tanta solerzia, erano apparentemente scappati. Non ci poteva credere!

Allarmò all'istante i due soci e ispezionando ogni angolo del rifugio trovarono diversi buchi nelle reti. Pensarono a qualche cane un po' troppo esuberante. Ma ad un ulteriore e più attento esame Piero fece notare che non potevano esser stati fatti dagli animali, per certo era implicata la zampa umana e questo non prometteva nulla di buono, anzi solo guai.

Allertarono le autorità di competenza per le ricerche.

Erano tutti e tre molto preoccupati dell'accaduto. Non riuscivano a dare una valida spiegazione: erano da escludere i rapimenti per combattimenti, le sparizioni riguardavano solo bestiole di piccola taglia, d'altra parte non vi erano stati latrati di allarme per cui si sarebbe potuto pensare a qualcuno che non fosse un estraneo all'ambiente, però i volontari erano al di sopra di ogni sospetto; seppur scoraggiati non si arresero e controllarono quotidianamente, con estrema minuzia ogni cosa; tanto lavoro in più ma la sicurezza non aveva prezzo.

Alla fine formularono anche un piano di ricerca esteso all'esterno. Essendo Laura bloccata fra la fattoria e la direzione del rifugio, visto che l'attività non poteva essere interrotta, spettò a Tania e Piero attuare le ipotesi di quest'ultimo. Infatti egli aveva dedotto che con molta probabilità i cani scomparsi avrebbero potuto esser stati rapiti e rinchiusi da qualche parte nei dintorni, non essendosi trovate tracce da nessuna parte; tanto più che erano in aperta campagna, i vicini non erano così vicini e alcune cascine erano disabitate da tempo.

Ispezionarono i dintorni con estremo rigore spingendosi via via più lontano.

La coppia non demordeva, pensando di essere nel giusto e la loro perseveranza fu premiata.

Un pomeriggio sul tardi si trovarono nei pressi di un capannone che avrebbe dovuto essere abbandonato ed invece aveva recinzioni nuove e persino un sistema di allarme senza peraltro alcuna insegna o cartello indicativo. Si incuriosirono non poco ma, data l'ora tarda ormai raggiunta, per non destare sospetti e per non mettersi in guai seri, se l'attività non fosse stata lecita, decisero di soprassedere ed elaborare un ulteriore piano con calma per farvi ritorno al più presto.

L'indomani dopo la consueta riunione Piero si offrì volontario ad andare a verificare se e cosa nascondesse il capannone, in cerca di indizi certi sul destino degli animali. Se fossero stati là sicuramente lo avrebbe scoperto. I rapitori non dovevano passarla liscia. Tania e Laura seppur preoccupate acconsentirono, non avevano alternative, curiosare in più di uno avrebbe allarmato i criminali, se fossero stati tali; altrimenti avrebbero rischiato una denuncia per violazione di proprietà e privacy il che non era una bella prospettiva. In effetti non sapevano chi fossero o che lavoro svolgessero.

Inutile dire che rimasero in apprensione fino al ritorno di Piero, il quale sia per l'impegno e la dedizione nell'adempimento del suo lavoro che per l'appoggio morale, era ormai diventato un punto focale nel mondo delle due amiche. Rientrò, purtroppo, sconsolato nel pomeriggio e raccontò che per scoprire che tipo di attività si svolgesse si era presentato come un forestiero sperso fra i viottoli campagnoli chiedendo indicazioni per rientrare nella statale. In definitiva nulla fuori via, era semplicemente una bella ed efficiente falegnameria; i proprietari e i due ragazzi che lavoravano all'interno erano stati molto cordiali oltre a sembrare esperti del mestiere; per esserne più sicuro si era guardato in giro ma non aveva visto niente che potesse rivelare un qualcosa di illecito o nascosto.

Nei giorni successivi la polizia aveva ritrovato in aperta campagna alcuni animali all'apparenza sani e perlomeno salvi, anche se un po' patiti e frastornati per il lungo vagare.

- Fate molta attenzione, in ogni caso, d'ora in avanti - concluse un po' ermeticamente l'agente riportandoli. Tania pensò si riferisse al loro modo di gestire il rifugio, come se i disagi creatisi fossero stati una loro mancanza e si sentì in colpa per l'accaduto.

All'improvviso le sparizioni si erano interrotte del tutto. Per cui il trio rassicurato dagli sviluppi favorevoli decisero di abbandonare le loro investigazioni private. Avevano trasformato il rifugio in un bunker inespugnabile e l'intervento fisso delle autorità in zona avrebbe scoraggiato ogni ulteriore intento criminale, anzi non era da escludere che i rapitori se la fossero svignata, cercando povere prede altrove.

Dopo qualche giorno Laura comunicò all'amica che entro la fine del mese sarebbe dovuta partire, pur non essendo il momento opportuno e il rientro nella normalità fosse lontano dall'esser raggiunto, per via dei lavori lasciati in arretrato. Ma non poteva mancare a quel simposio, prenotato dall'anno prima. Tania la tranquillizzò e le disse di andar via senza troppi pensieri, in fondo non era la prima volta che rimaneva da sola per qualche tempo. E se l'era cavata sempre molto bene.

- Come volano i giorni qui al rifugio - pensò Tania dopo la partenza di Laura. - In realtà non solo i giorni ma i mesi e gli anni. Quando fai qualcosa col cuore, la tua esistenza corre via leggiadra... Ringrazio la mia, tutto sommato, buona sorte... Ora basta filosofeggiare rimettiamoci al lavoro! Coraggio!..la giornata è lungi dall'essere conclusa.

Quella sera non riusciva a dormire. Piero era andato via subito dopo l'orario di lavoro e lei era completamente sola. Unico bipede umano con i pelosi e i piumosi, come amava chiamare gli animali scherzando, chiusi al sicuro nei recinti circostanti la casa, che le tenevano, in un certo senso, compagnia. Si stava rilassando con un buon bicchiere di birra quando avvertì il rumore di una macchina. Chiuse d'istinto l'interruttore della luce e rimase in allerta. Vide i fari spegnersi e la porta aprirsi con cautela, senza far rumore. Scese lentamente un uomo vestito di scuro. Lei stava tremando dalla paura ma si fece forza e scrutò con attenzione, cercando di capire chi mai fosse. Piano piano la figura si stagliò alla luce della luna: era Piero.

Che ci faceva a quell'ora della notte così furtivo?! Il cuore di Tania si rifiutava di credere ciò che le suggeriva il cervello! Doveva essersi sbagliata! Nooo! Non poteva essere Lui! Quel mostro che vedeva coi suoi stessi occhi, finora offuscati, stava aprendo un recinto.

Sentì come se il cuore le esplodesse con un boato nel petto procurandole un forte dolore. Credette di svenire. Era lui il Rapitore! Allora quel laboratorio esisteva veramente non era una falegnameria! Era lui che li portava in quel posto orribile! Schifoso bugiardo!

Da rifugio perfetto "Baffi e Zampine" si stava trasformando nell'anticamera di un lager per causa di un essere spregevole camuffato da veterinario, rovinando tutto il lavoro svolto, cancellando la fatica fatta per curare e conquistarsi la fiducia di quegli esserini bisognosi che invece di trovare salvezza cadevano in balia del peggior destino.

L'amore che aveva provato per Piero si trasformò in odio profondo in un attimo. Pensò di denunciarlo e prese il cellulare ma ancor prima di chiamare la Polizia si rese conto che non era così facile incastrarlo, senza che il vile potesse accusarle ingiustamente di complicità. E in tal caso addio bestiole adorate, addio fattoria, addio vita. Non poteva succedere. Ma doveva agire in fretta prima che altri innocenti venissero coinvolti.

Si fece coraggio, permise a Piero di farla franca ancora per quella volta, ripromettendosi di andare a recuperare appena possibile le povere vittime e si coricò. Non certo per riposare, le sarebbe stato impossibile, ma per pianificare la fine di Piero, quella fisica!

La mattina seguente si preparò con cura. Era più bella e curata del solito, fresca e con lo sguardo fermo e determinato di chi aveva elaborato un piano.

Entrò nell'ambulatorio con studiato ritardo. Piero si girò sorridendole e la baciò. Tania dovette frenare un conato che la colse all'improvviso ma mascherò bene la cosa con un lieve colpo di tosse.

Quel giorno avevano molto da fare. Bisognava operare anche due di quei cagnetti scomparsi e poi ritrovati in cattive condizioni come sbucati dal nulla.

Tania era taciturna. Non voleva farsi scoprire con toni di voce rancorosi che non sarebbe riuscita a camuffare.

Il dottorino non si accorse di nulla distratto dal lavoro più pesante del solito, infatti era giunta quasi sera e non avevano ancora finito. Era quello che lei sperava!

Avevano mangiato solo un panino dalla mattina riempiendosi di caffè, per cui quando Piero le chiese di andar fuori a cena per concludere con un po' di relax quella giornata senza termine, Tania acconsentì con gioia; per tutt'altri motivi rispetto a quelli che pensava l'uomo che ora lei considerava un acerrimo nemico.

Voleva tirare alla lunga la permanenza nell'ambulatorio. Il buio le sarebbe stato complice! Piero, ignaro, andò a cambiarsi nella saletta da bagno adiacente. Tania prese al volo una siringa e la riempì il più in fretta possibile con una fiala di anestetico.

- Ora o mai più! - si disse respirando forte - quindi entrò nel bagno con l'aria più languida che potesse assumere e lo baciò con voluttà. Appena lui la cinse ricambiando l'effusione, gli iniettò il siero nel collo. Vide, solo lo sguardo interrogatorio di quell'essere spregevole cui così ingenuamente aveva donato il suo fragile cuore. Contraccambiò con un'occhiata carica d'odio.

- Avrai ciò che ti meriti - sibilò - Come hai potuto?! Come? E per cosa? Per soldi? Ignobile! Sei il peggio del peggio! Pagherai per tutte quelle vite innocenti che hai spezzato e alle quali dovremo curare anche l'anima oltre al fisico! Bastardo!!

Si perse nei suoi pensieri e quando si riprese si accorse che Piero giaceva ancora inerte ai suoi piedi completamente anestetizzato da una dose da cavallo.

- Come ho fatto a cascarci? Morirai anche per me che ti ho amato come un uomo dal cuore grande e invece sei un orrendo profittatore che vende, tortura, viviseziona! Sarò io che ti renderò pan per focaccia stanne certo! Vogliamo tutti vendetta! Io e i cuccioli la pretendiamo! E l'avremo!!!

Lo uccise con un colpo preciso al cuore trafiggendolo con un affilato bisturi.

Bisognava però, portar via il corpo dal luogo del crimine.

Trovandosi in un ambulatorio con tanto di sala operatoria escogitò il modo più semplice e come in trance prese una sega e delle pinze....Mentre lo smembrava continuava a ripetere:

- Mio caro Piero, ti affetto ed ogni pezzo sarà dedicato all'affetto che provo per quei poveri animali ai quali hai deciso di rovinare la vita, cosa che tu meno male non possiedi più. Ma possa la tua anima, sempre che ne abbia una, marcire all'inferno - come se Piero o meglio quello che ne rimaneva potesse sentirla.

Ad opera compiuta si ritrovò circondata da pezzi di carne e fu presa dal panico su come farli sparire del tutto. Poi all'improvviso si ricordò che quel giorno non aveva dato neanche da mangiare agli animali della fattoria... tanto era stata assorbita dall'incalzare degli eventi.

Si illuminò in volto e tutto le fu chiaro: i maiali!

Poveri piccoli, così ingordi, saranno saziati a dovere....

Oramai stava quasi albeggiando ma tutto era in ordine, pulito, ripulito e perfetto.

Tania decise di andare a godersi qualche ora di meritato riposo prima che arrivassero i volontari e ricominciasse il consueto lavoro.

Due giorni dopo Laura, tornò dal simposio e vide l'amica felice, che si prendeva cura di altri quattro zampe tratti in salvo dal laboratorio clandestino.

Solo allora furono chiare le parole sibilline dell'agente che aveva messo in guardia le due donne sull'attività illecita ancora in atto, anziché redarguirle come aveva pensato inizialmente Tania.

Fu una telefonata anonima a dare indicazioni dettagliate su dove era situato il "capannone camuffato da falegnameria", erano stati, quindi, presi ed arrestati i malfattori in flagranza di reato.

- Tutti tranne il capo... ma sarà molto difficile trovarlo - ridacchiò fra sé e sé Tania.

Laura notò subito l'assenza di Piero.

Anticipandola, prima che potesse formulare strane e un po' troppo curiose domande, Tania disse che avendo deciso di troncare la storia con lei il volubile dottore aveva anche dovuto necessariamente cambiare aria.

- Ma tanto di bravi veterinari desiderosi di un posto fisso se ne trovano molti in giro. In fin dei conti sappiamo entrambe che gli unici a non tradire mai sono i pelosoni! - le ammiccò riprendendo quello che stava facendo.

Laura, con un certo stupore, per l'inconsueto carattere deciso e la leggerezza d'animo dell'amica, prese atto della risposta e si mise ad aiutarla.

Sono passati molti mesi e la dolce Tania non aveva mai dormito così bene da allora.

Inoltre tutti i giorni per raggiungere l'ambulatorio del rifugio doveva passare accanto al recinto dei suoi amici maiali e le sembrava che ogni volta la salutassero con un grugnito complice a cui lei rispondeva sorridendo.

- Meno male che non sono dotati di parola - si disse allegramente.

fonti web utilizzate per le mie sintesi: Wikipedia, cure-naturali.it, viversano.net, greenMe.it, melarossa.it, portalebenessere.com, ideegreen.it, my-personaltrainer.it, armonianaturale.it, Glamour, uomo.fidelityhouse.eu, bellezzaesalute.it, stilenaturale.com, giallozafferano.com, tuttosullegalline.it, un mese in cucina, uomo.fidelityhouse.eu
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